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L’avvocato, anche da imputato non può usare espressioni irriguardose

MUNGIELLO AVVOCATI

L’avvocato, anche da imputato non può usare espressioni irriguardose

Il Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Cosimato) con la sentenza n. 191 del 21 ottobre 2022, ha stabilito che l’avvocato ha il dovere di comportarsi, in ogni situazione, in difesa della dignità e del decoro della professione e compie una violazione disciplinare se nel corso di un processo penale in cui figura come imputato, fa uso di frasi irrispettose nei confronti del giudice e dei colleghi.

Nella fattispecie, secondo il Consiglio di disciplina, il legale aveva violato gli articoli 52.1 e 53.1 in relazione all’articolo 4.1 e 4.2 del Codice Deontologico per “non avere impostato i rapporti con i magistrati con dignità e rispetto“, con le seguenti espressioni: “Giudice, io la invito a tenere lei una condotta più consona al codice nei miei confronti”; “faccia un’ordinanza e la ricuso di nuovo“, “poi vedremo se lei continuerà a fare il magistrato qui dentro”; ed ancora “io la ricuso e niniciemmu subito subito, visto che lei non è manifestamente in grado di condurre secondo le regole dello Stato Italiano questo processo”. Ed ancora in memoria depositata agli atti di detto processo “la Dott.ssa ..si è fatta purtroppo, come si evince dal verbale, pesantemente condizionare, in quell’occasione, dall’astio e dal livore, nonché dalle iniziative scorrette e non lecite poste in essere in continuazione, anche nelle udienze, dalla Procura della Repubblica di Agrigento”.

Proposto il ricorso dall’avvocato (Ricorrente) contro la sanzione della sospensione per 10  mesi dalla attività professionale inflitta dal Cdd, il Consiglio nazionale forense l’ha respinta, in quanto “anche nella dimensione privata e non propriamente nell’espletamento dell’attività forense, l’avvocato deve comportarsi con la dignità e con il decoro imposti dal suo ruolo nella giurisdizione e deve astenersi dall’uso di espressioni  irriverenti ed offensive, il cui carattere illecito deve essere accertato caso per caso ed alla luce dell’ambito in cui esse sono pronunciate”.

Per il Cnf, le espressioni sconvenienti ed offensive (articolo 52 cdf) assumono un rilievo di per sé, indipendentemente dal contesto in cui sono utilizzate e dalla attendibilità dei fatti, poichè il relativo divieto previsto è a difesa della dignità e del decoro della professione. Dunque, anche in presenza di condotte criticabili o perfino illecite dei colleghi o di terzi, l’avvocato può manifestare la propria opinione o formulare la propria denuncia ma in maniera rispettosa. Per di più, tale divieto, non si pone in conflitto con il diritto, garantito dall’articolo 21 Cost., di manifestare con libertà il proprio pensiero, ma trova concreti limiti nei concorrenti diritti dei terzi e nell’esigenza di tutelare interessi diversi e costituzionalmente garantiti.

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